Greta Radaelli
Founder of Bedimensional, Engagement Manager McKinsey
Ha guidato una startup che sviluppa applicazioni per il materiale 2d d’eccellenza: il grafene. Specializzata in ingegneria fisica e nei materiali smart, dopo aver lavorato come ricercatrice a Milano, Barcellona, Parigi e IIT di Genova oggi si è spostata verso la gestione d’impresa. Il trasferimento tecnologico è il suo mantra, e sa che per farlo bene la scienza non basta.
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Quella dell’arrivare a sedersi al tavolo che conta, il tavolo dove si parla di affari, è una metafora persino abusata nella narrazione delle carriere. Ma Greta, nel momento in cui è arrivata a sedersi lì, ha capito che le mancava qualcosa, e che essere scienziata può non essere sufficiente se davvero si vuole arrivare a cambiare la vita delle persone.
Ma partiamo dall’inizio, o perlomeno dalla fine del liceo scientifico. Greta lascia Vimercate, dove è nata e cresciuta, per trasferirsi in città a Milano. Appassionata di equitazione e sportiva semiprofessionista, aveva considerato pure l’idea di fare veterinaria, ma il fascino dell’ingegnere alla fine ha la meglio.
Inizia così il percorso quinquennale al Politecnico, che si conclude con una tesi di laboratorio, a cui fa seguito un dottorato in fisica. Nel mentre arriva anche l’occasione di trascorrere un anno all’estero a Barcellona, per quella che Greta ricorda come una delle più belle esperienze della vita, sia da punto di vista dell’attività scientifica professionale sia per la componente umana. Una città internazionale, piena di calore, energia e familiarità, tanto che la sera stessa dell’atterraggio in Spagna si ritrova a una festa in casa con 30 persone, che diventano subito amiche e fanno da punto di partenza per creare una fitta rete di relazioni. “Dopo un mese riuscivo a parlare con tutti: a volte in inglese, a volte in spagnolo e a volte in italiano, ma ci si capiva”, racconta. “C’erano persone colombiane, russe, iraniane, costaricane e da molte altre parti del mondo, ciascuna con il proprio modo di vivere, che poi ho avuto modo di rivedere negli anni successivi, andandole a trovare nel loro Paese”.
Al momento di rientrare in Italia, per discutere la tesi, le piange un po’ il cuore all’idea di lasciarsi alle spalle quella dimensione così stimolante. Concluso il dottorato, infatti, le viene del tutto naturale proseguire con la carriera accademica. Convinta a ripartire al più presto verso l’estero, riesce a farsi assumere con un contratto da post-doc in un gruppo di ricerca a Parigi, specializzato proprio nello stesso ambito di ricerca: i nanomateriali.
Ma le cose non vanno come sperato. “La capitale francese è stupenda per una vacanza, ma l’ambiente di lavoro che ho trovato era molto diverso da quello spagnolo”, spiega. I ritmi sono serrati, le persone sono meno abituate a fare gruppo e a cercarsi, il costo della vita è alto ed è difficile trovare altri contesti interessanti al di fuori del lavoro: insomma, quei mesi fanno crescere in Greta il desiderio di una dimensione personale e professionale più appagante.
Così, mossa dalla voglia di recuperare gli stimoli che Parigi non riusciva a darle, comincia a valutare un rientro anticipato in Italia. Ed è lì, in quella ricerca online di opportunità lavorative più vicine a casa, che si imbatte in un bando dell’Istituto Italiano di Tecnologia IIT: nella sede di Genova stanno cercando qualcuno con competenze in linea con le sue per un progetto sui materiali smart, e soprattutto il lavoro che si prospetta promette di essere a cavallo tra la ricerca scientifica e il trasferimento tecnologico. Proprio come sperava. Così, con la prospettiva di virare leggermente verso il mondo imprenditoriale, Greta prende il toro per le corna e si trasferisce a Genova, si dimette da Parigi 6 mesi prima della scadenza del contratto, compra un motorino, cerca casa vicino al mare e inizia la nuova avventura. Finalmente ha la sensazione di lavorare in una dimensione reale, fianco a fianco con le imprese che sfruttano la scienza per cambiare il Paese, e nello stesso tempo torna a vivere a una distanza non proibitiva da casa e in un ambiente in cui – dopo il lavoro – ci sia spazio anche per il divertimento.
Superati tutti i colloqui di ammissione, Greta inizia a lavorare su applicazioni specifiche per aziende, contenta di essere in un contesto molto particolare della ricerca italiana, in un certo senso un unicum fatto di progetti interessanti per il mondo industriale, un ambiente pieno di energia e di persone molto giovani e qualificate, sia italiane sia provenienti da tutto il mondo. La parte bella del lavoro diventa il contatto con il mondo delle imprese, le riunioni e l’ingresso in azienda a sporcarsi le mani e a risolvere problemi, alternando il tutto con test in laboratorio ed esperimenti scientifici.
Ma la ricerca ha tempi lunghi e non sempre in linea con i progetti dell’industria, e questo lascia a Greta la sensazione di fare cose con un impatto ancora piccolo. Qualcosa che può sì tradursi in un brevetto, ma che per generare impatto sulla società richiede uno sforzo industriale su cui la ricerca ha un ruolo marginale. Esposta ai ritmi e alle sfide dell’impresa, comincia a maturare il desiderio di confrontarsi con quelle dinamiche che consentono di generare valore per la comunità: si appassiona sempre più al mondo imprenditoriale e si mostra molto attiva anche in attività extra lavorative di divulgazione scientifica per la città di Genova, a partire dal filone delle bioplastiche. Pare abbia quasi maturato l’idea di andarsene, ma non succede.
Roberto Cingolani, che in quel momento è direttore di IIT, si accorge del potenziale di Greta e della sua voglia di nuove sfide, così le fa una proposta: entrare in una nascente startup che si occupa di un materiale innovativo ed estremamente promettente, il grafene.
Forti dell’esperienza accumulata attraverso vari progetti di lavoro sui materiali smart, nel luglio 2014 viene fondata Bedimensional, con un gruppo di lavoro fatto di ricercatori di esperienza e di giovani “affamati di voler fare”, come li chiama Greta. Le viene affidata la guida del progetto, con lo scopo di far crescere il team e di portare quei fantastici fogli bidimensionali composti di soli atomi di carbonio verso le applicazioni industriali.
Il grafene, il materiale più resistente al mondo, il più sottile e leggero, con una eccezionale capacità di condurre il calore e l’elettricità, dà grandi soddisfazioni, anche perché proprio in quei mesi vengono sviluppate nuove tecniche per ridurne i costi di produzione e combinarlo ad altri materiali. Per dare origine, per esempio, a plastiche super rinforzate o a nuovi modelli di batterie.
La vita degli startupper è fatta di alti e bassi, e Greta li vive entrambi: da un lato i primi finanziamenti, dall’altro le difficoltà nell’organizzare processi e team di lavoro partendo da un contesto di ricerca. Si rende conto di quanto il mondo sia grande e di quanto le sue competenze tecniche, che più volte erano state la sua forza, non siano più sufficienti nella gestione d’impresa. Lei, che è sempre stata una scienziata, deve iniziare a fare l’imprenditrice, con altre aziende e clienti. Siede al famoso tavolo del trasferimento tecnologico, dove ci sono scienziati così come investitori, imprese e altri stakeholder, e capisce che c’è ancora molto da crescere su quelle dinamiche per lei nuove.
Decide così di prendere una strada anomala, di lasciare il mondo scientifico ed entrare nella multinazionale di consulenza strategica McKinsey, dove costruire quelle competenze che ancora le mancano, come l’esperienza di Bedimensional ha reso palese. Nel maggio del 2017 inizia nella sede di Milano, si lancia in nuovi progetti che affronta con un approccio da startupper, cambiando spesso settore e rapportandosi con altre professionalità dalle competenze più disparate. “Come ho raccontato al TEDx di Genova qualche anno fa”, spiega, “nella storia ci sono molti risultati scientifici fantastici che sono rimasti bloccati per anni – o anche per secoli – finché qualcuno non li ha tradotti in applicazioni pratiche. In Italia generiamo un valore incredibile di ricerca scientifica, ma spesso ci manca la fase di messa a terra: è un processo complicato che richiede il dialogo tra mondi distanti e lontani tra loro”. Ecco perché Greta, grazie a ciò che il suo lavoro le permette di fare, intende maturare grande esperienza nelle dinamiche aziendali, una profonda attenzione al team e le capacità di coniugare competenze tecniche e visioni strategiche. Oggi aiuta le imprese a sviluppare servizi innovativi, guardando al contempo al settore delle startup per facilitare i processi di innovazione aperta, e segue percorsi di accelerazione come Call4Women. “In tutto ciò, essere stata startupper mi ha insegnato tanto”, aggiunge, “e adesso mi permette di guardare al settore dell’innovazione con occhio critico. Mi piace molto, perché penso che di lì passi il nostro futuro”.